Analisi degli ambienti semi-ipogei.


I resti rinvenuti nell'area dell'ex mercato rionale risalgono al frantoio comunale, realizzato probabilmente nel XVIII secolo e funzionante fino alla fine del XIX secolo. Il piano ipogeo si trova ad una media di metri 2 sotto il livello stradale attuale e le strutture murarie, prima delle demolizioni del 2004, erano rimaste protette, per circa un secolo, da quello che era il primo solaio dell'ex mercato rionale e erano quindi in buono stato di conservazione.

A causa della demolizione di parte della copertura dell'ex mercato, i reperti sono, in parte, costantemente sottoposti a drastici cambiamenti climatici ed escursioni termiche e sono aggrediti da vegetazione infestante, subendo, inoltre, atti di vandalismo da parte di tossicodipendenti ed estranei.
Le strutture murarie sono realizzate interamente in tufo, come lo erano anche le volte che proteggevano gli ambienti ipogei, probabilmente demolite durante la costruzione del mercato coperto, realizzato tra il 1907 ed il 1908.


Nell'area archeologica si possono distinguere gli ambienti di lavoro del frantoio settecentesco:


Ingresso


A Nord-Ovest sono presenti due gradini, di dimensioni metri 1 x 0.3, che probabilmente facevano parte della rampa di accesso al piano ipogeo. Questa ipotesi deriva sia dall'analisi della pianta del 1877, a cura dell'ing. Fumagalli, nella quale viene rappresentato il frantoio comunale ed una rampa di accesso, sia dal confronto con numerosi frantoi del Salento nel quale la macina è collocata di fronte alla rampa di ingresso, proprio come avviene nel frantoio oggetto di studio.




















Depositi


Detti "sciaje", i depositi erano dotati di caditoie per lo scarico delle olive dal piano stradale al livello ipogeo. Delle "sciaje" presenti al centro dell'area archeologica è rimasto ben poco, soltanto uno o due filari di tufi che ne testimoniano le dimensioni; le strutture che si sviluppano sull'asse Sud-Nord, un tempo coperte con volta a botte, erano probabilmente altri depositi per le olive. A sud-ovest dell'area è presente una galleria, apparentemente in buono stato strutturale, lunga 20 metri e larga 2, coperta con una volta a botte su cui si innestano 6 ambienti di dimensioni variabili, che in parte ricadono sotto l'attuale Via Regina Elena. In questi ambienti si riconoscono le strutture di una mangiatoia, di un bagno alla turca e di altri depositi dotati di caditoie. Si notano, inoltre, le tracce di un sistema di canali e pozzi per la raccolta dell'olio prodotto dalle olive ammassate; queste, infatti, essendo il ciclo di lavorazione dell'olio molto lungo, rimanevano per settimane nei depositi ,producendo una piccola quantità di olio che, una volta raccolto, veniva venduto ai produttori di sapone o utilizzato per l'illuminazione essendo un olio di scarsa qualità.




Macine

Nella zona centrale dell'area archeologica sono presenti due macine, di cui una, come già detto, posta di fronte ai gradini di ingresso, e l'altra collocata poco più a nord, verso l'ex "sala del pesce".


Torchi e pozzetti di raccolta


I torchi servivano per spremere le colonne di "fiscoli", contenitori nei quali era stata
precedentemente versata la pasta prodotta dalla macinatura delle olive. Nell'area a sud-est sono presenti, nelle strutture murarie, le tracce dei torchi detti "alla genovese", non è purtroppo presente la struttura in legno dei torchi, facilmente ipotizzabile grazie alle numerose ricostruzioni grafiche ed al confronto con frantoi restaurati della stessa tipologia.
La tipologia del torchio "alla genovese" (fig.1) venne introdotta nel Salento dal genovese
Domenico Grimaldi tra il 1760 ed il 1770 e questo, oltre a testimoniare il funzionamento del frantoio a quell'epoca, può far ipotizzare una produzione di olio notevole; infatti il torchio "alla genovese", a differenza del più antico torchio "alla calabrese" (fig.2), permetteva di risparmiare tempo e fatica nella spremitura dei "fiscoli".

 

                         Fig.1 Torchio alla Genovese                                                                            Fig.2 Torchio alla Calabrese



Piscine

Nei pressi dei torchi sono presenti le cosi dette
"piscine" per la raccolta dell'olio, alcune al di sotto del piano di calpestio, altre, come le due piscine nell'angolo sud, realizzate in superficie. La presenza di questi grandi contenitori, un tempo intonacati per renderli impermeabili, insieme alla presenza di due macine, ai numerosi torchi e ai numerosi depositi, testimoniano la grande quantità di "oro liquido" prodotta in questo frantoio.











Ambienti di servizio

 

Dai rilievi svolti non è stata trovata invece traccia di una cucina, ambiente indispensabile in un frantoio di queste dimensioni. La cucina infatti serviva, oltre che per la preparazione dei pasti destinati agli operai, per scaldare l'acqua da aggiungere ai fiscoli per la seconda torchiatura.
      Fig. 3 bagno alla turca                                                                            Fig. 4 mangiatoia

Spesso la cucina coincideva con il dormitorio, i lavoratori riposavano infatti sulle panche utilizzate per sedersi. Non è comunque da escludere che, date le dimensioni del frantoio, alcuni ambienti non fossero destinati esclusivamente al riposo dei lavoratori. Come già descritto, nella galleria a Sud-Ovest, sono presenti un bagno alla turca (fig. 3) e una mangiatoia (fig. 4) per il riposo degli animali che servivano per far ruotare le macine.


Pozzo

Nella zona Nord dell'area archeologica è inoltre presente un pozzo dal quale i frantoiani potevano prelevare l'acqua necessaria per la produzione di olio, per gli animali e per la cucina.


Le foto del Frantoio ipogeo di Francavilla Fontana sono state gentilmente fornite da Antimo Altavilla.


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dalla tesi in Architettura dell'arch. Vincenzo Andrea Maggiulli

Tema: Recupero delle mura dell'ex Mercato coperto, progettazione di un polo museale e valorizzazione area archeologica